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Semplice gelosia o patologia?

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La gelosia è un fattore emotivo ambivalente caratterizzato da odio nei confronti della persona amata qualora questa sembri provare interesse per un altro individuo. Entro certi parametri la gelosia non va vissuta come disturbo psichico, il problema insorge quando la gelosia non è determinata da un’effettiva carenza di affetto ma di altri fattori.

La gelosia patologica gelosia pato

insorge anche quando non esistono rivali. Sono connesse a situazioni frustranti presenti e remote. Nell’individuo geloso patologico, tanto forti sono state le frustrazioni passate, tanto estrinseca la gelosia nel rapporto sentimentale.

Delitti Passionali: alivello comportamentale, si è riscontrato che la gelosia passionale può indurre la donna ad uccidere la propria rivale mentre l’uomo la propria amata.

Si può classificare la Gelosia Patologica in quattro Gruppi.

  • Gelosia Proiettiva:   protettivaEsiste un luogo comune che recita “chi tradisce è geloso”, ed è vero, vediamo insieme il perché: la gelosia patologica è una forma di “proiezione” per cui l’individuo geloso attribuisce alla persona che crede di amare le sue personali tendenze all’infedeltà.

  • Gelosia Per Complesso Edipico

  • complesso E’ un complesso non risolto per cui l’individuo proietta sulla persona che crede di amare un attaccamento morboso –geloso– che in realtà avrebbe col genitore. Si verifica uno spostamento dove il soggetto esprime un attaccamento morboso anche nei confronti del partner, quell’attaccamento che ha nei riguardi di un genitore.

  • Gelosia per Aggressività Modificata

  • aggressività Qui l’individuo è inibito ad un’aggressività indiretta, conferisce nel rapporto sentimentale tutte le sue frustrazioni; la gelosia infatti diventa un mezzo necessario per estrinsecare tutta la sua rabbia. A livello comportamentale, ci sono persone apparentemente tranquille che purtroppo diventano violenti dentro le mura domestiche.

  • Gelosia per sovracompensazione. 

  • Tiziano,_The_Miracle_of_the_Jealous_Husband Qui l’individuo compensa una frustrazione inibita dai legami affettivi (ad esempio gelosia verso un fratello minore o maggiore) con una frustrazione reattiva nel rapporto sentimentale. L’esempio classico è dato da un soggetto chiuso e dal temperamento timido, che nel rapporto sentimentale compensa con un atteggiamento fisicamente violento. Questi soggetti sentono il bisogno di usare violenza fisica e trovano nella gelosia il capro espiatorio. Associano il rapporto affettivo di odio/amore per il fratello, con quello ambivalente della gelosia sentimentale.

Ora sorge una domanda leggittima: E’ amore? Assolutamente no. Questi soggetti non sanno amare, riescono solo a distruggere e fare del male a chi gli sta accanto. Il punto è un altro, chi gli sta affianco, è una persona sana?

 

Paura di guarire.

Oggi voglio riprendere un articolo di Riza Psicosomatica.

La paura di guarire che genera ansia

 

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Sembra impossibile, eppure questo timore colpisce molte persone: si tratta di una forma di ansia particolare che rivela un tratto di immaturità facilmente superabile…

Si può aver paura di stare bene? Di tornare a essere forti e sani? Di affermarsi e aver successo? Sì, ed è più frequente di quanto si pensi. È una forma particolare di ansia, un po’ anticipatoria e un po’ da prestazione, per la quale una persona che razionalmente vuole certamente uscire da uno stato di malessere o di crisi si ritrova bloccata dall’idea stessa di raggiungere la meta. Questa persona si impegna per mettersi nella condizione di spiccare nuovamente il volo, ma al momento di fare il salto qualcosa la ferma e la fa ristagnare nella situazione in cui si trova. Ma ciò che crea questa ansia non è la meta in se stessa, quanto piuttosto le conseguenze che il suo raggiungimento implica, e cioè il timore di non riuscire a confermare il miglioramento ottenuto, di dover restare “a quei livelli” senza potersi concedere altre crisi o pause. A volte entra in gioco, oltre all’ansia, anche un altro fattore: la pigrizia. Non si ha voglia di fare “la fatica di vivere con pienezza”, di mettersi veramente in gioco, perché tutto sommato il malessere nel quale ci si trova offre l’opportunità di tirarsi indietro quando si vuole.

Una personalità…ancora in erba! adolescenza-inquieta-dipinto-di-anna-coppola

Questo schema, che emerge spesso in psicoterapia, rivela un tratto ancora adolescenziale della persona, in cui a una scarsa conoscenza delle proprie risorse si associano una grande paura del giudizio altrui, un’inconsapevole tendenza al perfezionismo e un senso di responsabilità verso se stessi piuttosto acerbo.  Questa paura di vivere può riguardare le situazioni più diverse: c’è chi teme di tornare a stare bene perché non avrà più scuse per sottrarsi a ciò che non gli piace, chi teme di raggiungere la felicità per paura di perderla, di vincere sul lavoro perché poi dovrà mantenere quello standard. È il terrore di farcela, si vorrebbe vincere solo quella volta e, per magia, non rischiare mai più di perdere, di essere giudicati, di cadere. Cosa ovviamente impossibile. Vincere questa paura ha un grande significato, perché non risolve solo la situazione specifica ma fa ripartire lo sviluppo psicologico della persona nella sua globalità. La maturità non è confermarsi “all’altezza”, ma affrontare la vita di volta in volta.

Le domande da farsi per uscirne

Diventare grandi adulta

Restare incagliati fra la voglia di farcela e la paura di riuscire crea un logorante attrito interiore. È il momento di scegliere se vivere veramente o soltanto sopravvivere. È meglio affrontare problemi nuovi e reali o ristagnare nel tepore del compromesso o del malessere conosciuto?

Largo alla curiosità

Non puoi sapere come sarà la vita, se ritornerai a star bene o ad avere pieno successo. Le ipotesi che fai oggi, basate sul tuo stato attuale di paura, non possono essere realistiche. La vita sorprende sempre e nulla è come lo immaginiamo prima. Sii curioso: hai solo da guadagnare.

Sciogli i tuoi nodi una volta per tutte

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Se la tua resistenza a spiccare il volo è davvero molto forte, è possibile che il problema risieda in un grande timore di essere giudicato, anche da te stesso. La psicoterapia può aiutarti a comprendere come sciogliere questo nodo, che quasi sempre si è creato nell’infanzia o nell’adolescenza, e a sviluppare una maggiore determinazione

 

Paura di viaggiare: affrontare ansia e panico

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La paura di viaggiare è più comune di quanto possiamo pensare. Con l’arrivo dell’estate e del momento delle vacanze molte persone potrebbero rinunciare a partire per via del loro timore di mettersi in viaggio. Si tratta di un disturbo associato all’agorafobia, che può portare ad evitare di salire su treni o aerei, recarsi al ristorante, mettersi in coda per i biglietti e tutte le situazioni tipiche di un viaggio.

L’agorafobia non indica più soltanto un generico timore degli spazi aperti, bensì tutte le situazioni in cui si ha la sensazione di poter restare intrappolati. Il disturbo più frequente in simili casi è dato dall’ansia anticipatoria, una vera e propria paura della paura.

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A soffrire della paura di viaggiare sono soprattutto le donne. Il primo attacco di panico o di ansia può scatenarsi all’improvviso, senza particolari segnali di avvertimento. In seguito i soggetti colpiti cercheranno di evitare le situazioni scatenanti. Vi può essere una sensazione di malessere che si presenta prima di compiere ciò che si teme, come frequentare luoghi affollati o mettersi in coda.

Gli attacchi di panico possono giungere, ad esempio, quando ci si trova alla guida in autostrada, oppure attraversando un ponte o un tunnel. Giramenti di testa, mancanza di respiro e palpitazioni possono essere alcuni dei segnali fisici con cui l’ansia si manifesta. Coloro che soffrono di paura di viaggiare cercheranno di evitare il più possibile le situazioni spiacevoli e di giustificare le proprie rinunce con spiegazioni razionali.

Come spiega l’esperto, nei soggetti che soffrono di attacchi di panico il malessere si può manifestare anche in situazioni non pericolose, come il viaggio. In queste persone vi sono delle alterazioni specifiche a livello del sistema nervoso, ad esempio con riferimento al locus ceruleus, da cui partono le proiezioni nervose dirette al cervelletto.

Così sorgono tremori e attacchi di panico. Altri segnali nervosi agiscono portando ad un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, conducendo alla tachicardia. E’ bene ricordare che gli attacchi di panico sono una condizione reversibile che può essere affrontata e risolta, ad esempio, con la psicoterapia. Supporto psicologico, esercizi di rilassamento e meditazione possono essere d’aiuto.


 

 

Psicostrategie

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Immaginate di essere alla guida della vostra auto su una strada che non conoscete, ripida e piena di curve, immersa nella nebbia. Improvvisamente un veicolo sbuca dalla strada laterale a pochi metri da voi, troppo pochi perché riusciate a frenare in tempo. Il vostro piede è sul freno, premuto disperatamente al massimo, e l’auto inchioda, strisciando contro la fiancata dell’ altra vettura. Proprio prima che le lamiere si incastrino e i vetri esplodano andando in frantumi, vi rendete conto che l’altro veicolo è pieno di bambini… dev’essere il piccolo pullman che li porta all’asilo… Poi, nell’improvviso silenzio che segue la collisione, si leva un coro di pianti. Correte a vedere, e vi accorgete che uno dei bambini giace a terra immobile.

 

 

Siete travolti dal rimorso e dalla disperazione

Richard Wenzlaff, psicologo della Texas University, usò nei suoi esperimenti scenari laceranti come questo per sconvolgere i volontari che dovevano poi cercare di levarsi dalla mente la scena mentre, per nove minuti, scrivevano appunti sul proprio flusso di pensieri. Ogni volta che, mentre stavano scrivendo, la loro mente finiva sulle scenario poco prima descritto, facevano un segno sul foglio. Col tempo, la maggior parte dei volontari pensava sempre di meno alla scena: i soggetti più depressi, però, via via che il tempo passava, mostravano invece un accentuato aumento di pensieri molesti centrati sulla scena in questione, e arrivavano perfino a riferirsi ad essa in modo implicito in quegli stessi pensieri che avrebbero dovuto distrarli.

Ma non basta: i volontari inclini alla depressione cercavano di distrarsi ricorrendo ad altri pensieri tormentosi. Wenzlaff sosteneva che i pensieri venissero associati nella mente non solo in base al loro contenuto, ma a seconda dello stato d’animo. I soggetti depressi tendevano a creare reti di associazioni molto potenti fra questi pensieri che perciò, una volta evocato un certo stato d’animo negativo, erano più difficili da sopprimere. Paradossalmente, i pazienti depressi sembravano usare argomenti deprimenti per liberarsi la mente da un altro pensiero pure deprimente, il che non faceva che suscitare in loro emozioni sempre più negative.

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Liberarsi dei pensieri tristi

Per alcuni, farsi un bel pianto potrebbe essere un modo naturale per abbassare i livelli delle sostanze chimiche che innescano la sofferenza a livello celebrale. Sebbene il pianto possa a volte interrompere un attacco di tristezza, esso può anche lasciare l’individuo ossessionato sui motivi della disperazione. Le distrazioni spezzano la catena dei pensieri che perpetuano e alimentano la tristezza; una delle principali teorie per spiegare l’efficacia della terapia elettroconvulsiva nelle depressioni più gravi è che essa causa una perdita della memoria a breve termine; in altre parole i pazienti si sentono meglio perchè non riescono più a ricordare i motivi della loro tristezza.

Strategie più efficaci per tirarsi sù di morale

  • Distrarsi puzzle

Dianne Tice, psicologa dell’università di Princeton, constatò che molte persone riferivano di liberarsi da una leggera tristezza ricorrendo a distrazioni come la lettura, la televisione e il cinema, i videogiochi e i puzzle; altri ancora dormivano o sognavano ad occhi aperti, ad esempio programmando una vacanza immaginaria.

  • Muoversi  movimento autentico-l

La ginnastica aerobica è una della tattiche più efficaci per dissipare una leggera depressione, come pure altri stati d’animo negativi. L’attività fisica sembra essere efficace perchè modifica lo stato fisiologico causato dallo stato d’animo negativo: la depressione è caratterizzata da un basso grado di attivazione fisiologica e la ginnastica aerobica pone invece l’organismo in uno stato di forte attivazione.

  • Vincere facile vincere

Una tecnica molto costruttiva, secondo Dianne Tice, è quella di prepararsi un piccolo trionfo o un facile successo: affrontare un lavoro di casa a lungo rimandato o sbrigare qualche altra incombenza della quale si desidera liberarsi. Per lo stesso motivo, tutto quanto contribuisce a migliorare l’immagine di sé ha un effetto rasserenante, anche se si tratta solo di vestirsi bene e e di truccarsi.

  • Un altro punto di vista

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Uno degli antidoti più potenti contro la depressione- e al di fuori della terapia- tra quelli meno usati, è il cosiddetto reinquadramento cognitivo, ossia il cercare di considerare la situazione in modo diverso. E’ naturale essere tristi per la fine di una relazione e indugiare nell’autocommiserazione ma un buon antidoto contro la tristezza consiste nel fare un passo indietro e pensare a tutte le cose che non andavano del vostro rapporto. In altre parole, l’antidoto sta nel vedere la perdita in modo diverso, sotto una luce più positiva.

  • Prestare aiuto mondo

Un’ altra strategia efficace per sollevare il morale è quella di aiutare le altre persone in difficoltà. Poiché la depressione è alimentata da pensieri e preoccupazioni riferiti al sé, nel momento stesso in cui empatizziamo con altre persone sofferenti e le aiutiamo, ci sentiamo sollevati. La Tice rilevò che l’intraprendere un’attività di volontariato, qualsiasi essa sia, si rivelò uno dei migliori modi per modificare il proprio stato d’animo; era anche, però, uno dei più rari.