Un viaggio alla scoperta delle emozioni: la differenza tra quelle primarie e secondarie.
Le emozioni primarie sono emozioni innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, per questo sono definite primarie ovvero universali. Le emozioni secondarie, invece, sono quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.
Costantemente proviamo tante emozioni, una vasta gamma, che varia da quelle positive a quelle negative. Cos’è un’emozione?
Le emozioni sono quelle reazioni spontanee che abbiamo dinanzi e situazioni in cui siamo particolarmente coinvolti, e che comportano oltre che un “sentire”, anche un cambiamento a livello fisiologico, ed una serie di rappresentazioni e di pensieri connessi.
Ekman nel 2008 decise di stilare una lista di emozioni divise in primarie e secondarie.
Le emozioni primarie o di base sono:
1. rabbia, generata dalla frustrazione che si può manifestare attraverso l’aggressività;
2. paura, emozione dominata dall’istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una situazione pericolosa;
3. tristezza, si origina a seguito di una perdita o da uno scopo non raggiunto;
4. gioia, stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;
5. sorpresa, si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia;
6. disprezzo, sentimento e atteggiamento di totale mancanza di stima e disdegnato rifiuto verso persone o cose, considerate prive di dignità morale o intellettuale;
7. disgusto, risposta repulsiva caratterizzata da un’espressione facciale specifica.
Queste sono emozioni innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, per questo sono definite primarie ovvero universali.
Le emozioni secondarie, invece, sono quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.
Esse sono:
– allegria, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
– invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
– vergogna, reazione emotiva che si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali;
– ansia, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
– rassegnazione, disposizione d’animo di chi accetta pazientemente un dolore, una sfortuna;
– gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
– speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori;
– perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione);
– offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
– nostalgia, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
– rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale;
– delusione, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.
Quindi, le seconde sono delle emozioni più complesse e hanno bisogno di
più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate.
Le nostre emozioni sono un segnale, servono per vivere e sopravvivere.
Le emozioni non sono né buone né cattive, né positive, né negative, ma sono utili. Dipende dall’uso che ne facciamo e da quanto esse diventano pervasive.
La paura ci segnala che qualcosa, che può metterci in pericolo, si è verificato; ci dà l’allerta, ci spinge a concentrarci maggiormente su ciò che stiamo facendo e ci attiva a mettere in campo le risorse per ovviare alla situazione potenzialmente pericolosa. La rabbia ci segnala che qualcosa o qualcuno sta ledendo noi stessi, che qualcuno sta calpestando i nostri diritti: anche questa emozione, come le altre quindi, ci dà un messaggio.
Le emozioni si possono distinguere in piacevoli (felicità, soddisfazione, gioia) e spiacevoli (paura, tristezza, rabbia, preoccupazione..) ed il vero problema consiste nel loro controllo. Se provo rabbia, ma so gestirla, evitando che mi invada, che diventi pervasiva di me e di tutti i contesti di vita, allora la rabbia non è negativa, ma mi può essere utile, se la uso in modo costruttivo, magari per mettere dei limiti, o per riuscire a dire ciò che non mi va.
Conosciamo davvero le nostre emozioni?
Domandiamoci: sappiamo distinguere in noi uno stato di frustrazione dalla rabbia? Sappiamo distinguere la rabbia e la tristezza? Sappiamo quindi dare effettivamente un nome alle nostre emozioni?
Prima di far ciò occorre che ce le lasciamo sentire queste emozioni! Senza soffocarle.
Entrare in contatto con esse. Non per tutti è cosa semplice, ma ci si può provare, da soli o con l’aiuto di qualcuno.
Siamo consapevoli delle situazioni nelle quali siamo più propensi a provare rabbia o paura o dolore oppure gioia?
Questo aspetto di conoscenza e di consapevolezza di noi stessi ci aiuta a prevedere in futuro le nostre reazioni emotive, evitando di sentirci in balia degli eventi e di noi stessi.
Il primo passo verso la corretta gestione delle nostre emozioni è dare spazio al nostro “dialogo interno”.
E’ sufficiente ritagliarsi un quarto d’ora a fine giornata da dedicare a noi stessi per riflettere su ciò che abbiamo vissuto. Cosa abbiamo provato? Perché? Come abbiamo reagito? Potrebbe essere interessante fare una piccola lista quotidiana delle emozioni che abbiamo provato, arricchendola via via.
Il secondo passo da fare per giungere ad avere una gestione consapevole dei nostri stati emotivi è sfatare la convinzione erronea che le emozioni ci piovano dal cielo, o che gli altri e le situazioni ci facciano provare determinate emozioni.
Nessuno ha così potere di condizionarci.
Gli altri non hanno il potere di farci arrabbiare, così come non hanno il dono di farci sentire felici. Siamo noi che ci sentiamo arrabbiati oppure che proviamo gioia.
Ad una stessa situazione, persone diverse potranno associare pensieri e valutazioni diverse: sarà questo diverso modo di vedere le cose che farà sorgere in loro un sentire che sarà esso stesso diverso tra l’una e l’altra, e comporterà poi, di conseguenze, reazioni comportamentali diverse.
Vediamo bene come i nostri pensieri, sulle cose, sugli altri e su noi stessi influenzano le nostre emozioni, e di conseguenze possiamo usare l’immenso potere della nostra mente per poter controllare e rendere più tollerabile il livello di alcune nostre emozioni, specie quelle spiacevoli.
Un passo importante è quindi allenarci a sostituire i pensieri negativi con altri positivi, ad esempio:
Pensieri Negativi |
Pensieri Positivi |
Sono un disastro | Se mi sforzo avrò successo |
Non ce la facccio | Preoccuparsi non facilita le cose |
Tutto andrà storto | Non è poi così terribile |
Non riesco a controllare questa situazione | Forse non la conosco a fondo |
Sono finito | Cosa mi preoccupa? |
Ogni situazione che viviamo viene commentata interiormente. Le emozioni sono influenzate dalle considerazioni che facciamo sugli eventi.
I pensieri sono una forma di comportamento non direttamente osservabile, in quanto interiore, ma pur sempre modificabile. Abbiamo acquisito il nostro modo di pensare tramite l’esperienza ed è quindi appreso, non innato. Cambiare modo di pensare è come cambiare certe abitudini, ovviamente non sono da cambiare tutti i nostri modi di pensare, ma solo quelli che ci portano ad avere con frequenza emozioni intense e spiacevoli.